Biblioteca civica e archivi storici di Rovereto
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(Vicenza 1882 - Milano 1942). Poeta, giornalista e librettista.
Fin dagli inizi del secolo si trasferì a Milano, dove visse per il resto della vita e dove si fece notare inizialmente con la pubblicazione di versi e novelle. Come giornalista entrò dapprima all’«Avanti!» e quindi al «Popolo d’Italia», dove si segnalò come acceso polemista, e poi ancora al «Secolo». Favorevole all’interventismo, si arruolò in fanteria procurandosi lesioni polmonari permanenti. Inizialmente sostenitore del Mussolini socialista, mantenne in seguito un atteggiamento molto più critico verso di lui e le politiche del movimento fascista. Fu un fecondo autore di poesie, racconti e commedie sia drammatiche che comico-vernacolari, battendosi per la conservazione e diffusione del teatro dialettale messo in pericolo dalle politiche culturali del regime: in quest’ambito ottenne con Nina no far la stupida quello che è rimasto probabilmente il suo maggiore successo come autore teatrale. Per il carattere intransigente e le prese di posizione sempre polemiche e mordaci, si trovò spesso in mezzo ad attacchi, denunce e finanche duelli. Entrato nel 1920 nell’orbita di Nicola D’Atri che aveva individuato in lui il librettista ideale per Zandonai, scrisse i libretti di tutte le successive opere del maestro trentino. La sua produzione librettistica è peraltro sterminata, avendo collaborato con parecchi musicisti del suo tempo, e meriterebbe forse una riscoperta. Una crisi nel sodalizio con D’Atri-Zandonai sopravvenne nel 1937, e se fu in qualche modo ricucita non produsse altri lavori se non il troncone incompleto dell’opera Il bacio. Di questo suo sopravvenuto distacco dalla realtà è testimonianza il prolungato romitaggio nella casa di campagna di Lucino-Montano, dove viveva con la moglie Giuditta e la figlia Laura, che rimase l’erede del suo lascito letterario.